MICHELE ALESCI

CONSIDERAZIONI SUL DELITTO DI “ASSOCIAZIONE
SEGRETA” (L. 25 GENNAIO 1982, N. 17). CONTRIBUTO ALL’INTERPRETAZIONE DEL CONCETTO DI “INTERFERENZA”
E DEL RAPPORTO CON GLI ALTRI ELEMENTI DELLA FATTISPECIE

[PARTE SECONDA]

 Parte prima del contributo pubblicata sul n. 2/2020

 

SOMMARIO: [PARTE PRIMA] 1. Premessa. – 2. Introduzione. – 3. Associazionismo segreto e diritto. L’art. 18 Cost., la L. 26 novembre 1925, n. 2029 contro la massoneria, l’aggravante dell’art. 339 C.p. e la L. 25 gennaio 1982, n. 17 sulle «associazioni segrete» quale prototipo della c.d. “legislazione d’emergenza”. – 4. La discussa ratio del secondo comma dell’art. 18 Cost.: la segretezza quale “presunzione di pericolosità” – e, quindi, di “illiceità” – e il problema del “fine” dell’associazione. – 4.1. (Segue) L’associazione segreta si muoverebbe nella dimensione del “politicamente rilevante”. Origine, sviluppo e critiche dell’orientamento dominante. – 5. Il delitto di associazione segreta nel panorama dei reati associativi, tra “materializzazione” e “dematerializzazione” della fattispecie e il problema della sua indeterminatezza. – 6. L’indecifrabile rapporto tra gli elementi della fattispecie: la segretezza, l’interferenza e lo “scopo ultimo” dell’associazione segreta. – 7. La condotta incriminata e l’“iperonimia” del termine «interferire». Cenni e rinvio. – [PARTE SECONDA] 8. Il bene giuridico tutelato tra ratio legislatoris e littera legis, alla ricerca della ratio legis. Anche l’associazione segreta tipizzata dalla legge Anselmi si muoverebbe nella dimensione del “politicamente rilevante”. – 8.1. Prima tesi: «il reato di associazione segreta tutela l’ordine costituzionale». Ragioni e limiti dell’assunto. – 8.2. Seconda tesi: «il reato di associazione segreta tutela il buon andamento e l’imparzialità della pubblica amministrazione». Correttezza dell’assunto ed eventuale configurabilità del delitto come reato di pericolo “plurioffensivo” in forma “eventuale”. – 9. “Interferenza” vs. “influenza” come parametro insoddisfacente di delimitazione della condotta penalmente rilevante. – 9.1. L’interferenza come “risultato dell’azione” che ha l’effetto di ostacolare o impedire l’esercizio delle funzioni pubbliche, e in quanto tale intrinsecamente illecita. Il delitto di associazione segreta come reato “causalmente orientato”. Fattispecie similari e tentativo di elencazione di condotte che non siano già penalmente rilevanti. – 9.2. Le ragioni a favore dell’interpretazione “restrittiva” della fattispecie e il problema del concorso con altri reati di natura associativa. – 10. I progetti di riforma del Codice penale delle Commissioni “Pagliaro” e “Grosso” e la proposta di riforma della legge Anselmi del 2018. Verso il paradigma del “reato ostativo”? – 11. Conclusioni e proposte de jure condendo

ABSTRACT

Il discorso giuridico moderno sull’associazionismo segreto, parte della “teoria della libertà di associazione”, si sviluppa timidamente nel secolo scorso a partire da alcuni provvedimenti legislativi del regime fascista in materia di pubblica sicurezza, e raggiunge il suo apice con l’ingresso del divieto in Costituzione al secondo comma dell’art. 18. Comunque oggetto di scarso interesse da parte della pubblicistica, la ratio del disposto costituzionale è stata variamente giustificata. L’assunto di fondo secondo cui il divieto poggerebbe su una presunzione assoluta di pericolosità (e, quindi, di illiceità) delle unioni clandestine – originato dalla laconicità della proposizione che non fa cenno all’attività o al fine di queste ultime, né alle conseguenze della sua violazione –, non è stato scardinato dall’orientamento dominante che ha inquadrato il fenomeno sociale in una “dimensione politica”, difficilmente definibile. Anche sul versante penalistico, il contributo della dottrina si è ridotto agli scarsi commenti sull’aggravante di cui all’art. 339 C.p. Solo lo scandalo suscitato dalla scoperta della Loggia massonica “P2”, all’inizio degli anni ’80, ha risvegliato l’attenzione della scienza giuridica sull’argomento. Lo “tsunami” provocato a vari livelli nell’ordinamento giuridico è culminato nell’emanazione della L. 25 gennaio 1982, n. 17 (c.d. “legge Anselmi”), prototipo della c.d. “legislazione dell’emergenza” e da subito criticata per le sue potenzialità illiberali, soprattutto per i movimenti politici e i gruppi di pressione (cc.dd. “lobbies”). Le maggiori perplessità hanno riguardato la definizione di “associazione segreta” contenuta all’art. 1 della legge citata, e, in particolare, il riferimento allo svolgimento della «attività diretta ad interferire» sulle funzioni pubbliche, al cui accertamento è subordinata l’irrogazione delle sanzioni (penali, amministrative e disciplinari) previste dalla legge Anselmi. Il presente scritto vuole fornire un contributo allo studio della fattispecie incriminatrice e al concetto di “interferenza” – un termine da qualificarsi come “iperonimo” –, la cui ambiguità non consente di delimitare il perimetro oggettivo della fattispecie e il confine con altri fenomeni associativi, considerando che, per la natura dell’oggetto materiale (ossia le funzioni pubbliche), l’attività di interferenza sembra costituire una condotta già punibile ai sensi di altre fattispecie. Previa individuazione del bene giuridico tutelato, si tenterà pertanto di elencare le forme di estrinsecazione dell’interferenza che non costituiscano reato – anche alla luce delle recenti vicende giudiziarie sull’associazione denominata “P3” –, evidenziando tutta la fragilità della fattispecie e, de jure condendo, la necessità di una riforma complessiva dei reati associativi e dei reati contro la pubblica amministrazione, più volte auspicata dal mondo accadimento e giudiziario.

The contemporary juridical dissertation on secret associations, which is part of the “theory of freedom of association”, gradually developed in the last century, starting with some legislative measures from the fascist regime in the context of public security, and finds its culmination in the introduction of ban in the Constitution, specifically in the second paragraph of art. 18. However subject to a slight interest from publicity, the ratio of the constitutional provision has been differently justified. The basic assumption that the prohibition relates to an absolute presumption of danger (and, therefore, illegitimacy) of clandestine unions – initiated by the laconicism of the proposition that does not mention the activity or purpose of the latter, nor the consequences of its violation – was not disrupted by the predominant orientation that framed the social phenomenon in a “political dimension”, difficult to define. Also, on the criminal front, the contribution made by the doctrine was reduced to a few comments on the aggravating circumstance referred to in art. 339 C.p. It was only with the scandal aroused by the finding of the masonic Lodge called “P2”, in early 1980s, that the attention from the legal science was awakened on the subject. The “tsunami” caused at various levels in the legal system culminated in the enactment of Law 25 January 1982, no. 17 (so-called “Anselmi law”), prototype of the so-called “emergency legislation” and immediately criticized for its illiberal potential, in particular for political activities and pressure groups (so-called “lobbies”). The main concerns involved the definition of “secret association” contained in art. 1 of the aforementioned Law, and, specifically, the reference to the performance of the “activity aimed at interfering” on public functions, the assessment of which is subject to the imposition of the penalties (criminal, administrative and disciplinary) established by the Anselmi law. This writing aims to provide a contribution to the study of the incriminating case and to the concept of “interference” – term qualified as “hyperonymous” –, whose ambiguity does not allow to delimit the objective perimeter of the instance and the boundary with other associative phenomena, considering that, due to the nature of the material object (i.e. public functions), the interference activity seems to constitute a behavior already punishable under other incriminating instances. After identifying the protected legal asset, an attempt will be made to list the forms of manifestation of the interference that do not constitute a crime – also in light of the recent legal proceedings on the association called “P3” –, highlighting all weaknesses and, de jure condendo, the need for a complex reform of association crimes and crimes against the public administration, which has been often called for by the academic and judicial world.