GIUSEPPINA BELLOISI
Le opere d’arte nell’Italia liberale
tra interesse pubblico e proprietà privata:
il disegno di legge di Ferdinando Martini
SOMMARIO: 1. Il passaggio dalla Destra alla Sinistra Storica e la questione della conservazione e tutela delle opere d’arte – 2. La difesa degli “interessi morali”. I precedenti del disegno di legge di Ferdinando Martini – 3. Martini ministro giolittiano – 4. L’articolo di Scarfoglio sul patrimonio artistico degli Italiani – 5. Le lettere di Martini pubblicate sul Corriere di Napoli nel 1891 – 6. L’iniziativa legislativa del Martini nel 1892 e il passaggio in Commissione parlamentare – 7. L’incisivo e vincolante operato della Commissione parlamentare sugli oggetti d’arte e d’antichità – 8. L’accoglienza dell’opinione pubblica e le critiche per la violazione dei diritti dei privati – 9. Conclusioni.
ABSTRACT
Il dibattito pubblico sulla tutela dei beni culturali nell’Italia liberale e, in particolare, sui molteplici tentativi susseguitisi di definirne il perimetro e razionalizzarne la disciplina, è attraversato da contrasti tra intellettuali, politici e portatori di interessi che, specularmente, si trasferiscono nelle aule parlamentari. L’inconciliabilità delle posizioni in campo appare diretta conseguenza della incompatibilità tra interesse pubblico alla tutela dei beni culturali e inviolabilità della proprietà, principio cardine dell’ideologia liberale. In tale contesto l’articolo analizza il disegno di legge Martini, “Sulla conservazione di monumenti e oggetti d’arte e d’antichità” del 1892 con lo scopo di individuare da questa analisi le interferenze che hanno determinato il naufragio del progetto. Il disegno di legge vagliato da una commissione parlamentare, ma mai discusso in aula, si colloca al centro delle polemiche sull’opportunità e la necessità di un apparato legislativo di tutela e conservazione dei monumenti e delle opere, pur senza significativi sacrifici alla proprietà dei singoli. Ma le accuse di vessatorietà e arbitrarietà dei pur non così stringenti vincoli contenuti nella proposta di legge non consentirono il buon esito del tentativo, a cui va riconosciuto comunque il merito di aver fatto fare un passo avanti alla discussione, che vedrà un approdo solo dopo un decennio, mitigando il principio dell’assolutezza della proprietà privata con l’interesse pubblico e sociale alla tutela delle opere d’arte che si andava consolidando nel Paese.
The public debate on the protection of cultural heritage in the liberal Italy and, in particular, on the multiple successive attempts to define its perimeter and rationalize its discipline, is crossed by contrasts among intellectuals, politicians and stakeholders who, specularly, move to the parliamentary rooms. The irreconcilability of the positions in the field appears to be a direct consequence of the incompatibility between the public interest in the protection of cultural heritage and the inviolability of property, the cardinal principle of liberal ideology. In this context, the article analyzes the Martini bill, “On the conservation of monuments and works of art and antiquities” of 1892 with the aim of identifying from this analysis the interferences which led to the sinking of the project. The bill examined by a parliamentary commission, but never discussed in the (parliamentary) room, is at the center of the controversy on the opportunity and the need for a legislative apparatus for the protection and conservation of monuments and works of art, even without significant sacrifices to the ownership of individuals. But the accusations of vexatiousness and arbitrariness of the not so stringent constraints contained in the law proposal did not allow the success of the attempt, to which the merit of having made one step forward to the discussion must be recognised, which will see a landing only after a decade, mitigating the principle of the absoluteness of private property with the public and social interest in the protection of works of art that was consolidating in the country.