PROCESSIONE RELIGIOSA – “INCHINO” DELLA STATUA DI FRONTE ALL’ABITAZIONE DI UN BOSS – DELITTO DI TURBAMENTO DI FUNZIONI RELIGIOSE DEL CULTO DI UNA CONFESSIONE RELIGIOSA – SUSSISTE – RIGETTA.
In relazione al reato di cui all’art. 405 cod. pen., il turbamento di una funzione, pratica o cerimonia religiosa rileva non solo sotto il profilo materiale, ma anche sotto quello della strumentalizzazione della funzione a scopi totalmente contrari al sentimento religioso di chi vi prende parte, ai valori da esso espressi, nei quali il sentimento religioso di ciascuno si riconosce e chela funzione intende evocare e “onorare”.
FRANCESCO CAMPLANI
l’“inchino” di fronte alla casa del boss e il delitto di turbatio sacrorum nella giurisprudenza di legittimità
SOMMARIO: 1. Introduzione. La prassi dell’”inchino” fra usi sociali ed espressione di potere mafioso. – 2. L’iter processuale e i motivi di ricorso. – 3. La turbatio sacrorum. Vicende storiche ed attualità di una figura delittuosa posta a tutela del sentimento religioso ancora vitale. – 3.1. La turbatio sacrorum nel diritto romano tardoantico, medievale, moderno. – 3.2. La turbatio sacrorum nel Codice Zanardelli. – 3.3. La turbatio sacrorum nel Codice Rocco. Dal primato del c.ulto cristiano-cattolico alla laicità pluralista costituzionale. – 3.4. La struttura della disposizione vigente. Questioni interpretative. – 3.4.1. Il fatto tipico oggettivo – 3.4.2. Il fatto tipico soggettivo. – 3.4.3. Sanzione, trattamento procedurale e aggravante – 3.5. La questione del bene giuridico protetto. – 4. La risposta della Corte di Cassazione. –
5. Tutela del sentimento religioso e il contrasto alla mafia: simul cadent, vel simul stabunt. Chiosa critica sull’applicabilità dell’aggravante del metodo mafioso. – 6. Osservazioni conclusive.
1. Introduzione. La prassi dell’”inchino” fra usi sociali ed espressione di potere mafioso.
Il recente arresto in epigrafe, promanante dalla III Sezione penale della S. C., affronta l’ennesimo episodio di “inchino” della statua di un santo di fronte alla casa di un boss mafioso, svoltosi mentre la stessa veniva condotta in processione lungo le vie di un piccolo comune. Tale fatto non è stato giudicato come meramente apologetico verso una consorteria criminale: si è riconosciuta, infatti, una sua portata lesiva verso il bene giuridico del sentimento religioso, ascrivendo al responsabile il delitto di turbamento di funzioni religiose del culto di una confessione religiosa di cui all’art. 405 cod. pen.
Si tratta di un arresto di notevole importanza per quanto riguarda la risposta ad un fenomeno che conta ormai su una ricorrenza piuttosto frequente, di cui le cronache giornalistiche e la saggistica sul fenomeno mafioso davano conto ormai da alcuni anni1 . Si potrebbe financo affermare che il fatto oggetto del giudizio conta su una stratificazione tale da potersi dar conto di una sorta di consuetudine, che poteva ritenersi quantomeno praeter legem se non, come chiarisce la pronuncia in esame, contra legem […]